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Ricordate la scena del film di Pieraccioni nella quale lui si precipita alla stazione ripetendo “Non partire, Non Partire”? Ecco, a sentire le dichiarazioni del nostro governo, di molti esponenti di maggioranza, di alcuni rappresentanti del parlamento europeo pare che quella frase iconica de “Il ciclone” sia l’unica ispirazione che gli sovviene a fronte delle ripetute tragedie umanitarie legate ai mancati o ritardati soccorsi in mare, alla montante ondata di migrazioni che assale la vecchia Europa. Tutti sembrano ignorare quello che i commentatori più avvertiti, gli analisti di geopolitica e persino gli economisti affermano ormai da tempo: il fenomeno delle migrazioni non è una improvvisa calamità da affrontare, ma un fenomeno endemico ed inevitabile che contrassegnerà gli anni a venire e che va quindi gestito e non "cavalcato" a fini di consenso ( e questo vale per destra e sinistra). Farebbero sorridere se non fossero legate alla drammatica morte di innocenti le parole di chi sostiene che bisogna risolvere i problemi nei paesi d’origine, come se fosse possibile interloquire sul tema dei diritti con il regime di Kabul o con gli Ayatollah, come se ci fosse davvero l’intenzione di destinare risorse alla soluzione dei problemi economici della popolazione degli stati africani. Per carità di patria non torno nemmeno su quelle di chi ha ritenuto (e probabilmente ritiene) irresponsabile fuggire dal proprio paese per evitare la fame, la violenza, le vessazioni, le limitazioni della libertà e la conculcazione dei diritti. Le persone continueranno a scappare da Afghanistan, Siria, Iran, paesi curdi per il semplice motivo che per molti là non c'è vita possibile ( e spesso non solo in senso figurato). Si tratta di persone che rischiano di morire di fame o di tortura perché emarginate o vilipese (come i curdi usati alla bisogna poi ignorati da un occidente ignavo e bottegaio), arrestate, torturate, avvelenate come in Iran per il solo fatto di parlare o vestire in maniera difforme dalle imposizioni di regime, oppure cacciate dal lavoro e dalla scuola,
dallo sport e dalla dignità come accade soprattutto alle donne là dove la cialtroneria egoista degli americani ( con gli altri paesi occidentali proni al seguito) ha riconsegnato ai talebani il timone del governo. E si continuerà a scappare anche da tanti paesi dell’Africa, perché quando guardi gli occhi dei tuoi figli e non hai cibo da dare, quando vedi che niente può risolvere una situazione endemica di deprivazione e saccheggio, sai che non ti restano alternative. Morire per morire vale la pena provare a vivere. Allora qualunque alternativa risulterà migliore rispetto alla certezza di un futuro che non c’è. E certo che su questa disperazione si innescano i vomitevoli appetiti dei profittatori, dei mercanti di schiavi del ventunesimo secolo che lucrano sul dolore, sulla disperazione e su quella quota residua di speranza che spinge tanti verso le coste del Mediterraneo. In questo contesto l’Italia rappresenta spesso solo lo scoglio da afferrare per poi issarsi verso altre zone d’Europa. Ma proprio quella che attualmente è solo un’insulsa congerie di burocrazie dovrebbe abbandonare l’egocentrismo nazionale e attivare canali di ingresso sicuri, verificabili, e non gestiti dai potentati locali (quante volte conniventi per ragioni di denaro con le élite finanziarie ?). Questo non significa liberi tutti ma aiuto a tutti coloro che ne hanno bisogno certamente sì. Organizzare una accoglienza degna di questo nome e poi magari anche controlli efficaci a presidio della sicurezza. Bisogna fare l’impossibile perché non si ripetano tragedie come quella di Cutro, quelle che l’hanno preceduta e quelle che seguiranno se nulla cambia o se, alimentando la narrazione dell’immigrato come pericolo, si finisce con l’irretire la generosa azione di chi opera per mare in una rete di cavilli. Infine, ricordo che quelle parole di Pieraccioni erano inutili ….chi cercava non era li, non era lì la soluzione, occorre cambiare linea, occorre aprire il cuore, la testa e abbattere i troppi muri costruiti dal denaro e dell'egoismo.