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Non solo Tamberi e Jacobs. Alle paralimpiadi l’Italia fa incetta di medaglie./ La più famosa è Bebe Vio, la più carismatica, la più social; ma insieme a lei ( fino ad oggi, il programma delle gare non è ancora terminato e c’è spazio per migliorare ancora) ci sono tanti altri ragazzi e ragazze che portano in alto il nome dell’Italia nelle Paralimpiadi in corso nella capitale del Giappone, evento per lo più ignorato dai mass-media già travolti dalla incipiente valanga calcistico-spettacolare . Sono giovani che mostrano insieme l’entusiasmo, la forza, il coraggio, la passione anche più di quanto non accada nella manifestazione più luccicante. Sono tanti: Carlotta Gilli ( 5 medaglie nel nuoto), Xenia Palazzo, Antonio Fantin, Vincenza Petrilli, Martina Caironi, Federico Mancarella, Assunta Legnante, Giulia Terzi, Stefano Raimondi e con loro altri 55 ragazzi e ragazze hanno provato l’emozione infinita del podio olimpico. Campioni veri , nello sport e ogni giorno che il cielo mette in terra, persone che hanno saputo combattere gli accidenti che la vita gli ha imposto, andare oltre i propri limiti fisici e mentali, fare di una debolezza una grandissima forza, quella che permette loro di allenarsi con una costanza che a volte i normo-dotati faticano ad avere, che gli fa stringere i denti anche se l’obiettivo si allontana ( di un anno, in questa stagione tormentata e tormentosa), che gli fa sconfiggere anche questa maledetta pandemia che proprio sui più deboli si è accanita con la vigliaccheria di un maramaldo virale. E’ bello vedere nei rari spazi concessi i loro sorrisi e la loro soddisfazione, sentirli grati alla sorte che gli ha concesso un’opportunità, loro che avrebbero molti motivi di maledirla quella sorte… la preparazione nel semideserto organizzativo nazionale, nella carenza di impianti e nella bulimia dei grandi sport di maggio richiamo e ritorno economico. Tutti insieme: atleti, dirigenti, società, ci danno ancora una lezione in questa estate che già ce ne ha date parecchie ( di unità oltre i protagonismi nel calcio, di interrazzialità nelle squadre olimpiche ) e ci dimostrano che si può ancora credere in un’Italia migliore, che sia il paese delle opportunità e non dei muri , dell’inclusione non del rifiuto.