Bercia nei social con noi!

E qualcuno pensava che la pandemia ci avrebbe cambiati in meglio.

Ricordate gli striscioni appesi alle finestre ed ai balconi nei mesi terribili della quarantena, le canzoni cantate e suonate da un condominio all’altro quando il Covid 19 sembrava travolgere tutto e tutti, epidemia medievale che seminava panico, paura e morte?
Si parlava allora di una solidarietà ritrovata, di un nuovo  patto sociale che avrebbe legato gli italiani una volta arrivati ad intravedere la fine del tunnel del terrore.

Le gravissime conseguenze economiche dello stop (quasi) totale alle attività erano ben presenti ma si confidava che al momento della ripartenza ci saremmo stretti tutti insieme con l’obiettivo di ricostruire la spina dorsale economica del paese. Certo lo Stato, nel senso di Istituzioni e di sostegno pubblico, era chiamato a dare il suo contributo  fondamentale, ma  si puntava tanto sullo spirito nuovo che la condivisione di tanti lutti e di tanta paura avrebbe suscitato.

Invece è bastato riaprire la porta e rieccoci a misurarci con vecchie deleterie abitudini nostrane. Chiagne, Fotte e scappa, ovvero: lamentele e recriminazioni, furbate ad uso e consumo proprio, spostamento di denaro fuori dal Paese a fini elusivi non appena si accenna, senza per altro mai confermarlo, ad un contributo di solidarietà.
E così abbiamo oggi Confindustria che strepita perché le aziende non hanno gli aiuti che vorrebbero ma tace sul fatto che certi sgravi accordati nell’emergenza (ad esempio la  riduzione IRAP) sono stati concessi anche a favore di chi nel frattempo ha continuato a lavorare e guadagnare.
Abbiamo la cassa integrazione a sostegno dei lavoratori ed a ristoro delle imprese chiuse, ma anche qui saltano fuori casi come quello del più grande studio legale italiano, studio Bonelli Erede, che ha fatturato 194 milioni nel 2019 e che richiede l’accesso al contributo statale per pagare i dipendenti (e lo stesso hanno fatto altre realtà che sulla base dei ricavi avrebbero potuto sostenere in proprio la situazione).
Ultimo caso quello del gruppo RCS che ha chiesto anch’esso di accedere a tale agevolazione anche se quotidiani e periodici del gruppo non hanno mai cessato l’attività nel periodo emergenziale.

Ma tutto fa gioco se si può chiedere a “Pantalone” di pagare ... Si dirà “ma se c’è questa agevolazione perché non sfruttarla?” La risposta è che la facilitazione in questione va a coprire esigenze dovute ad una circostanza eccezionale e che il senso della pubblicizzata solidarietà e dell’etica dello Stato suggerirebbe a chi ce la fa da solo di non gravare le casse pubbliche di oneri ulteriori oneri che poi significa anche sottrarre risorse a chi davvero ne ha bisogno.
Ma forse il punto è proprio questo. Continuiamo ad identificare lo Stato come qualcosa d’altro da noi stessi, a non considerare che lo Stato non sono Conte, Salvini e compagnia ma che ognuno di noi con il suo operato ed il suo agire quotidiano fa lo stato.

E’ vero che chi lo rappresenta e lo ha rappresentato non è mai riuscito a far passare nella coscienza generale questo senso di appartenenza, di intima convinzione di far parte di un tutto unico ed anzi più spesso ha alimentato la sensazione di un corpo estraneo, tutto preso dai propri giochi di potere e preoccupato solo di mantenere poltrone e prebende.
E’ altrettanto vero però che chi ci rappresenta sta lì perché ognuno di noi con il proprio voto ce l’ha mandato. Chi per indifferenza, chi per convenienza ...  e si  ritorna così al punto di partenza.

Lo Stato siamo noi e per cambiare qualcosa dovremmo cominciare da qui. Invece è bastata mezza parola su di un possibile contributo di solidarietà e la convinzione (tutta da verificare) che la crisi imporrà ulteriori strette fiscali per avviare una nuova migrazione di capitali verso l’estero. 16 miliardi di capitali investiti al giorno hanno lasciato l’Italia secondo quanto riferisce un articolo di “Repubblica” del 19 maggio.

E che dire del fatto che il 44% dei contribuenti dichiara (dati Istat su dichiarazioni 2019) fino a 15.000 euro di reddito annuo e solo il 6% sopra i 50.000?
Va bene: il sistema fiscale è ossessivo ed ossessionante e necessiterebbe di una rivisitazione urgente, ma l’imponente mole di evasione fiscale annua, stimato in circa 100 miliardi (più o meno quello che si aspetta dal tanto citato e desiderato “Recovery Fund”), costituisce una palla al piede che va crescendo di anno in anno (nei primi 6 mesi del 2019 aumento evasione stimato in +3,8%) e dovrebbe esserci bastato vedere in che condizioni si era ridotto il sistema sanitario nazionale a forza di tagli per sopperire alla mancanza di fondi, per stimolare a pagare non dico tutto (ripeto: il sistema è assurdamente opprimente e va riformato) ma almeno un pochino di più.

Decisamente, ed ancora di più nel contesto che viviamo, mi pare valga la celebre affermazione di JFK “Non chiederti cosa può fare lo Stato per te, ma cosa puoi fare tu per lo Stato” , che siamo noi e dobbiamo mettercelo in testa.