Bercia nei social con noi!

Tutti nascosti dietro categorie predefinite. Ed il senso di quel che si dice e si legge perde sempre più forza./

Uffa, che palle! Se lo dico sarò maschilista, prevaricatore, razzista, esibizionista o cos’altro ancora ? Eh si, perché ormai funziona così. Non c’è più verso  di dire le cose come stanno, di esprimere un giudizio, di litigare con qualcuno senza che si vada a ricercare una categoria, una classificazione del discorso che tutto svilisce e smonta, riducendo l’argomento del contendere ad elemento marginale e cercando di far risaltare invece lo schema predefinito nel quale far ricadere l’incauto “vessatore” e dentro il quale diluire i motivi veri del contendere e del contestare, che sono poi il sale del dibattito e della crescita.  Esempi? Quanti ne volete. Caso uno: Balotelli. Un talento sprecato, perso dietro ad una maturità mai arrivata, a comportamenti imbarazzanti e non professionali che l’hanno fatto mettere alla porta da tutte le squadre che lo avevano tesserato ( in ordine di progressivo decadimento).  Normale, perché nello sport conta quel che si fa durante gli allenamenti e le gare e non la patina modaiola che regge al massimo qualche mese. Epperò no. Lui si ritiene discriminato perché di colore. Non messo da parte per i suoi ritardi, follie, comportamenti, prestazioni incolori. No, per il colore della pelle. Lo stesso di tantissimi altri che giocano regolarmente e che nessuno si sogna di mettere fuori squadra. Lo ha scaricato persino il Brescia,  ma solo perché sono razzisti ( dice lui). Caso due:  il caos regna nel mondo dell’istruzione tra “banchi da ritorno al futuro”,  aule che mancano, teoria degli spazi, insegnanti pochi e precari tanti, assurde simulazioni di orari differenziati d’ingresso e così via d’incertezza in incertezza. Le critiche piovono copiose sulla ministra Azzolina che ad un certo punto non trova di meglio che difendersi così “Mi attaccano perché sono giovane e donna”.  Dove stia il nesso tra gioventù (relativa) e genere  ed il moto oscillatorio da dubbio a confusione che il suo ministero va osservando dacché è  alle prese con la predisposizione del nuovo anno scolastico in chiave anti-covid lo sa il cielo. Ma certamente così il tema si sposta dalle mancanze e dai pasticci alla polemica sulla prevaricazione sessista e si alzano cortine di fumo. Manco litigare come si deve è più possibile. Caso tre: si azzuffano Andrea Scanzi ed Annalisa Chirico. Non è la prima volta e non sarà l’ultima poiché tra i due non corre evidentemente  una simpatetica tensione. Ci sta. Sono due opinionisti che la vedono in maniera differente su parecchie questioni ( anche personali) e tutto sommato un bel duello dialettico può essere anche interessante se condotto in maniera ricca e motivata. Dopo qualche battuta invece rieccoci.” Vuole fare vedere che è l’ennesimo maschilista” dice stizzita la giornalista. E che c’azzecca?  avrebbe detto  Antonio Di Pietro..E’ vero che controbattere la vena polemica del mio conterraneo non è facile, ma ci si poteva provare, anche perché con una frase in quel modo si butta la palla il calcio d’angolo, ci si arrocca a difesa e si fa perdere di significato a qualunque cosa venga aggiunta dopo. Insomma, possibile che non ci sia più verso di chiamare le cose con il proprio nome ? Possibile che uno stronzo non possa essere solo uno stronzo senza ulteriori specifiche che, oltretutto, possono anche essere giustificazioni ed attenuanti  agli occhi di chi, per esempio, ci crede davvero a roba come la superiorità della razza o del maschio ( ce ne sono in giro, per quanto incredibile possa sembrare) . Il dibattito pubblico si avvita sempre più spesso in questo falso codice perbenista che svuota di contenuto quanto si dice o si scrive ed appiattisce in maniera drammatica il panorama intellettuale. Nemmeno serve per evitare (anzi) gli accoltellamenti alla schiena ( chi se lo dimentica il celebre “Enrico, stai sereno!”, capolavoro del genere a firma del rignanese doc..)  Inevitabile che, per reazione e davanti alla noia del decadimento verbale spento nella banalità, conquisti il proscenio la volgarità; le chiappe al vento di sedicenti scrittrici, la bava alla bocca di Vittorio Sgarbi in parlamento, gli slogan a pancia di fuori di qualche politico. Verrebbe da dire, indegnamente scimmiottando il bardo..  se non sia più nobile mandarsi a quel paese schiettamente  dopo aver espresso in modo chiaro idee e concetti, che nascondersi dietro le formule, preconfezionate e stanche, che tutto mascherano e nulla rivelano, sino a che non deflagri, devastante e azzeratore, il livellatore aprioristico d’ogni concetto,  volgare insulto che zittisce: il vaffanculo!