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Il 2 agosto del 1980, esattamente 40 anni fa, una bomba esplose nella sala d’aspetto della stazione di Bologna, fu una mattanza: 85 morti e 200 feriti.

L’immagine in bianco e nero dell’orologio della stazione fermo sulle 10,25 è l’emblema di quel giorno di assurda follia, una strage che voleva minare nel profondo le fondamenta della democrazia. L’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, accorso sul luogo del massacro, piangendo disse: “Non ci sono parole che possano esprimere il mio stato d’animo, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia, al più grave attentato dell’Italia repubblicana”. Le vittime erano turisti, persone che ritornavano al sud dopo un anno di lavoro, ferrovieri, gente comune che quel sabato utilizzava il treno per raggiungere i luoghi dove trascorrere le loro meritate vacanze. Erano anni marchiati a fuoco dalla violenza dei terroristi, quella neofascista era caratterizzata dalla strategia della tensione, un piano che viene messo in atto a partire dal 1969, anno della bomba di piazza della Fontana, seminando morte e terrore tra la popolazione italiana. Questo disegno eversivo era basato principalmente su una serie preordinata e ben congegnata di attentati, volti a creare in Italia uno stato di tensione e una paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare, o addirittura auspicare, svolte di tipo autoritario. I protagonisti di questa lunga scia di sangue furono i gruppi eversivi di estrema destra, spalleggiati dai servizi segreti deviati e finanziati dalla loggia massonica denominata “P2”.

A 40 anni da quel giorno maledetto la procura della Repubblica di Bologna ha indicato come mandanti Licio Gelli (colui che il giorno della sua morte venne definito illustre cittadino dal sindaco di Arezzo Alessandro Ghinelli), Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi. Gli esecutori materiali furono Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, tutti aderenti al gruppo neofascista dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari). Tutti e quattro sono stati condannati all’ergastolo, in via definitiva Fioravanti, Mambro e Ciavardini, in primo grado Cavallini. Delle 85 vittime voglio ricordare oggi la più giovane, Angela Fresu, aveva tre anni, abitava vicino Firenze con la mamma, la nonna, le zie e gli zii. Quel giorno si trovava in stazione con la mamma e due sue amiche, stavano andando in vacanza sul lago di Garda.
Angela oggi sarebbe stata una donna di 43 anni, una donna di mezza età che avrebbe avuto ancora una vita davanti a sé. Una bomba spezzò per sempre i suoi sogni, la sua vita s’interruppe in quel giorno che per lei era di felicità, una vacanza sul lago di Garda con la madre. Quel maledetto istante rimane nella nostra memoria ed è rappresentato da quella foto in bianco e nero, le 10,25 del 2 agosto 1980. Non dobbiamo, non vogliamo e non possiamo dimenticare.