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La vergognosa vicenda dei “bonus” e l’incredibile giustificazione di Salvini./

“lo Stato l’Iva la rivuole indietro, non sono soldi che ti regala!...e tu digli allo Stato che non me la devono dare più..prima te la danno e poi la rivogliono indietro, io non ce la faccio, io l’Iva la spendo…”. Chi non ricorda l’esilarante dialogo Pieraccioni-D’Aquino all’inizio del film “Il Ciclone!” ? Difficile pensare allora che sarebbe stata la sostanza di un modo di interpretare fatti delle politica fino a che il contenuto non l’ha ripreso Matteo Salvini nel commentare ieri la notizia diffusa dall’Inps secondo la quale cinque parlamentari ( di cui tre leghisti) avrebbero fatto richiesta ed ottenuto il bonus di 600 euro distribuito dal governo come sussidio di sopravvivenza per la partite iva  alle quali la quarantena e la pandemia dei mesi da marzo a maggio aveva praticamente azzerato le fonti di reddito.  Il leader del carroccio nello stigmatizzare il comportamento ( e vorrei vedere..) ha pensato bene di attaccare il governo perché aveva emanato una normativa che permetteva questi “abusi”…Ecco: la colpa è del governo. Cioè di nuovo, come in  mille altri casi, la responsabilità  si annacqua mescolandola con quella altrui anche se non c’entra niente, come in questo caso; oppure anche se le colpe altrui non assolvono le proprie ( come in tanto dibattito politico con sussulti revanscisti) . Il responsabile non è colui che, nel caso in specie, forte di una corposa retribuzione che gli deriva dall’importante ufficio ricoperto si astiene  ( come etica, buongusto ed anche cervello imporrebbero) , dal richiedere un sussidio stanziato a sostegno dei tanti che davvero in quei mesi ( ed anche dopo, ché l’emergenza mica è finita..) non sapevano dove battere la testa ed erano costretti ad attingere ed in qualche caso a prosciugare i risparmi accumulati faticosamente. No, la colpa è della norma che non prevedeva espressamente che ai parlamentari fosse fatto divieto di presentare la richiesta. Del resto l’episodio segue di qualche giorno la notizia ( meno mediaticamente  diffusa ma altrettanto grave) delle indennità di trasferta pagate ai consiglieri regionali mentre, a lockdown in corso, partecipavano alle sedute on-line standosene comodamente a casa. Emerso il fatto più d’uno degli interessati si è stupito che gli fosse fatto rilevare l’indebito arricchimento, fino a chi l’ha giustificato poiché “ si tratta di un rimborso forfettario che non può tenere conto della situazione reale” ( parola di un consigliere, anzi di un vice-presidente di regione ) . Il dramma è che questa lettura troverà proseliti  in un paese che ha smarrito il senso della solidarietà ed anche della decenza e dove ormai l’egoismo più sfrenato è il motore che ispira la gran parte dei comportamenti, solleticato da una politica che invita a pensare prima a sé e dopo..ancora a sé; una politica nella quale “l’altro” è più un ingombro quando non proprio un ostacolo se non condivide genere, gusti sessuali, origine. Ormai conta la cura del proprio orticello, dei propri confini, della propria “roba” in un rigurgito verghiano  senza nemmeno più l’ambizione di una elevazione sociale, poiché si è ormai soddisfatti della propria mediocre sicurezza che non sa e non vuole guardare al futuro. E’ per questa via che proliferano i furbi ed i disonesti, sempre più incontinenti quando c’è da guadagnare ( lecitamente o meno) sempre medo disponibili quando c’è da dare. Ci aspettiamo ora che per intorbidare le acque ci si getti lancia in resta contro i circa duemila esponenti comunali che hanno usufruito del bonus, cosa che non fa scandalo di per sé, perché il gettone di presenza è spesso poca cosa e non ha niente a che vedere con i ricchi emolumenti di deputati, senatori e consiglieri regionali. Buttarla in rissa però fa gioco e polvere negli occhi, un modo per mettere in secondo piano le decine di inchieste sugli interessi privati in cosa pubblica  di chi urlava “Roma ladrona”; così si noteranno di meno e sempre di più saranno colore che, disgustati, abbandoneranno il campo ai nuovi barbari urlatori.