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La legge contro l’omotransfobia non c’è più, le esequie sono state officiate ieri pomeriggio nell’aula del Senato della Repubblica italiana, meglio conosciuto come Palazzo Madama.

Ieri l’Italia aveva l’occasione di avvicinarsi ai paesi del nord Europa, quelli tolleranti, civili e progrediti, il risultato finale è invece sconfortante, il nostro paese si è ulteriormente avvicinato a Polonia e Ungheria. Con 154 voti a favore e 131 no è scattata la tagliola costruita da Lega e Fratelli d’Italia. Aldilà della rabbia per il triste epilogo, accompagnato da urla e festeggiamenti in stile ultrà da parte del centrodestra, c’è da fare una riflessione: il ddl Zan è stato accoppato dal fuoco amico, da senatori del centrosinistra che grazie al voto segreto hanno fatto il contrario di quello che ci si aspettava. Un suicidio in piena regola, non l’unico di una sinistra che ha da tempo smarrito la propria identità. I numeri alla vigilia c’erano, quando però la Casellati ha annunciato il voto segreto Letta ha capito che tirava una brutta aria. Non avremo mai il piacere di conoscere i nomi dei 16 franchi tiratori, però Salvini e i suoi compagni di merende hanno iniziato a festeggiare ancor prima che la Casellati leggesse i risultati, e questo la dice lunga sugli accordi e i vari inciuci intercorsi nei corridoi. «Hanno voluto fermare il futuro, hanno voluto riportare l’Italia indietro. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi al Senato. Ma il paese è da un’altra parte e presto di vedrà», ha scritto su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta. Tutto vero, ma a dare il colpo di grazia sono stati, occorre ribadirlo, i 16 camaleonti che si dicono di sinistra, e quindi viene da chiedersi da quale parte sia il paese secondo Letta, soprattutto quale ruolo giochi oggi il Pd se non riesce a portare a termine un progetto che avrebbe reso più vivibile l’Italia. Ad oggi non vediamo altri ruoli se non quello di essere la stampella di un governo all’interno del quale si annoverano personaggi impresentabili in una democrazia moderna. Un fulgido esempio è configurabile in Luigi Di Maio, uno che a parole sosteneva il Ddl Zan ma che poi, producendosi in un’altra memorabile gaffe, ha di fatto comunicato all’Italia intera che lui considera un insulto da cui difendersi il fatto che qualcuno lo sospetti di essere omosessuale. Sorge spontanea una domanda: ma con questa gente dove vogliamo andare? Da ieri pomeriggio non ho fatto altro che leggere commenti di persone prese dallo sconforto, disamorate, sfiduciate e abbattute dopo questa ennesima disfatta, è probabile che il popolo dei non votanti abbia consolidato il suo già ragguardevole numero. Però voglio dirvi una cosa, sarò un inguaribile sognatore mai con i piedi per terra, ma io la considero soltanto una battaglia persa, la guerra è ancora lunga e non dobbiamo abbatterci. È il momento di convogliare la rabbia nell’impegno politico e civile, le urla di giubilo della peggiore destra della storia repubblicana ci devono spronare a dare il meglio di noi stessi. L’idea di lasciare un paese così malridotto alle generazioni che verranno mi provoca la nausea. Ora per avere una legge contro l’omotransfobia si deve ricominciare da zero, mettiamoci sotto e nel frattempo ricostruiamo anche la sinistra, lo dobbiamo a quelle persone che ogni settimana vengono aggredite per la strada, insultate e derise perché non rispondono ai canoni del machismo, lo dobbiamo a tutte quelle persone che vedono negati i loro sacrosanti diritti. Tenete sempre a mente che chi lotta alla fine può anche perdere, ma chi non lotta ha già perso in partenza.