E’ trascorsa poco più di una settimana dalla caduta del governo Draghi e dalla decisione del Presidente Mattarella di indire le elezioni per il 25 settembre prossimo e già la campagna elettorale si avvita su questioni che niente hanno a che vedere con la drammatica contingenza economica e sociale del paese. Da una parte si rispolverano i temi consueti ma consunti della lotta allo straniero, della “flat tax” con contorno di promesse di prebende assortite che ignorano bellamente la situazione dei conti; dall’altra si grida all’emergenza antifascista e si cavalcano prontamente scoop di stampa come quello sulla presunta intromissione della Russia di Putin nelle vicende che hanno condotto alla caduta dell’esecutivo, dimenticando che da sempre le grandi potenze ficcano il naso negli interessi dei paesi strategicamente importanti ( e l’Italia lo è, nonostante tutto) e sul tema almeno dal 1945 in avanti chi è senza peccato scagli la prima pietra… In questo quadro la destra, ormai orfana del centro, parte con tutti i favori del pronostico e può agevolmente respingere quel tipo di attacchi. In questi anni è cresciuta soprattutto cavalcando l’indignazione della gente verso una politica autoreferenziale e incoerente che si è sempre più chiusa nei palazzi integrandola con le solite roboanti corbellerie di Salvini che, pur restando tali , sono capaci però di solleticare una certa pancia irrazionale e razzista (che esiste e della quale non ha senso negare l’esistenza). A corroborare il tutto ci sono poi le promesse di soldi del Cavaliere o di quel che ne resta ( il denaro, l’unica lingua che conosca e che pratichi da sempre). Ora, se è evidente che temi come quelli della vicinanza a regimi illiberali come quelli russo e ungherese non possono non far parte dei prossimi due mesi di propaganda da parte del cartello che vorrebbe opporsi alla vittoria annunciata di Fratelli d’Italia e satelliti, altrettanto vero è che non possono essere né il tema unico né quello centrale di una campagna elettorale calda non solo climaticamente. Il timore è che solo su questo si fossilizzi il dibattito poiché appare arduo trovare una vera piattaforma comune in una alleanza che potrebbe andare dai democristiani di destra (Renzi e Calenda) fino alla sinistra radicale di Fratoianni. La gente però chiede altro. Vuole risposte e proposte concrete perché di fuffa ne abbiamo piene le tasche . Temi ce ne sarebbero a iosa: dal lavoro che non c’è e che quando c’è è malpagato e sottopagato ( altro che reddito di cittadinanza !), alla sicurezza sul lavoro ( da almeno due anni in Italia muoiono in media due persone al giorno per incidenti sul luogo di lavoro, una vergogna da diciannovesimo secolo ); da una reale e decisa lotta alla vergognosa evasione fiscale ai problemi legati alla crisi energetica, alle politiche ambientali e delle risorse ecosostenibili; dalla necessità di includere nel nostro paese chi ci è nato e ci è cresciuto e che ne costituisce una risorsa indipendentemente dall’origine (magari senza che sia necessario per questo vincere una medaglia alle olimpiadi); dalla sanità massacrata ora dalla pandemia e prima dai tagli orizzontali dei maghetti dei bilanci fino alla sicurezza che è un tema che riguarda tutti e non è e non deve essere un tabù perché non è scritto da nessuna parte che corrisponda a un utilizzo senza freni di manganelli e arresti perché la sicurezza si fa anche con politiche di prevenzione, educazione e presenza dello Stato sul territorio. Insomma di agende, oltre a quella che Draghi ha dimenticato sul tavolo quando è andato a dire a Mattarella che s’era stufato d’ avere a che fare con una banda di rissosi inconcludenti, ce ne sarebbero più d’una senza bisogno di rincorrere demonizzazioni che storicamente portano anche sfiga. Il punto semmai è che quella strada lì è certamente più comoda e facile da percorrere, non prevede la necessità di scegliere, non impone una coerenza ideale. Il “peloton” senza capo né coda che sembra destinato a formarsi sotto la regia di Enrico Letta può trovare facilmente in questi argomenti un minimo comune denominatore e poco importa ( a loro) se a tutto questo non corrisponde niente o quasi niente nell’umore di chi sarebbe anche disposto all’ennesima apertura di credito purché ( finalmente) si faccia qualcosa che assomigli ad una politica di socialismo liberale. So bene che benché vi sia chi cita a sproposito Rosselli o il Partito d’Azione, se si varasse un programma su queste basi e con questa etichetta a fronte di una scossa immediata nell’elettorato che si riconosce in quell’ideale scatterebbero immediati i distinguo e i “mapperò” ma del resto, come diceva Don Abbondio, “il coraggio chi non ce l’ha non se lo può dare” .
