Bercia nei social con noi!

L’omicidio dell’ambulante nigeriano a Civitanova Marche solleva, oltre al raccapriccio per l’episodio in sé e la sua sconvolgente dinamica, molteplici interrogativi sulla società, i comportamenti,  la politica. Si rimane basiti davanti all’evidenza di una aggressione violenta e sproporzionata , perpetrata con una rabbia ed una ferocia che affonda le proprie radici in un clima diffuso di mal sopportazione, di insofferenza quando non proprio di odio verso chi è diverso o straniero. E’ un  sentimento che è stato cavalcato ad arte per anni da  certa stampa e da certa politica; entrambe per fini strumentali hanno sottovalutato l’impatto delle loro affermazioni  su quelle che Guareschi avrebbe definito “zucche senza sentimento”.  Adesso che la crisi economica morde e si sovrappone a quella pandemica  il risentimento, l’astio,  forse anche la disperazione trovano  canali e (s)oggetti di sfogo in chi per anni è stato indicato come il nemico da cacciare oppure, (altrettanto strumentalmente), come la vittima da difendere anche contro l’evidenza. Ancora di più, però, annichilisce la constatazione che coloro che si sono trovati davanti alla scena dell’aggressione non abbiano trovato niente altro da fare che accendere il telefonino e riprendere; come se quello che stava accadendo davanti ai loro occhi non fosse la realtà, come se non si stesse giocando la vita di un uomo. Niente. Nessuno che sia intervenuto; sarebbe probabilmente bastato poco per evitare che un atto di ingiustificabile stupidità terminasse in tragedia.  Invece no: spettacolo; realtà che diventa finzione in una degradante perversione. Roba da filmare e poi distribuire in rete a caccia di faccine e consensi . Per dirla con Debord “uno slittamento dall’essere all’apparire” , una “alienazione dello spettatore a vantaggio dell’oggetto contemplato”.  Lo spettacolo via social sta diventando il nuovo oppio dei popoli che ottunde la mente e spenge i sentimenti. Infine inevitabile che la vicenda sconfinasse in politica, tanto più in questo momento nel quale sta prendendo avvio la più sgangherata campagna elettorale della storia repubblicana. In questo contesto non è mancato chi ( Corrado Formigli) si è precipitato da Giorgia Meloni reclamando  la mancanza di tempestivi messaggi di condanna  nei confronti della vergognosa aggressione compiuta da u n italiano verso uno straniero. Siccome però la “ducetta” è una che dialetticamente se la cava, il giornalista d’assalto è finito spernacchiato e accusato di sciacallaggio per non aver espresso (lui) nemmeno una parola di solidarietà e cordoglio. Al di là dell’episodio in sé la faccenda conferma che certi “maitre à penser” della sinistra farebbero bene a ragionare prima di parlare per non offrire ed offrirsi alla controffensiva di una destra che è molto preparata e assai più scaltra dei Don Chichotte d’occasione  . Intendiamoci, la questione potrebbe essere certamente utilizzata in chiave di confronto polemico, ma con tempi adeguati e modi differenti. Ad esempio focalizzando  il ragionamento sugli effetti che un successo come quello che va delineandosi da parte dello schieramento a trazione meloniana potrebbe avere in chiave sociale autorizzando i molti revanchisti storici ed i tanti che lo sono per ignoranza ed imitazione a sentirsi sdoganati e liberi di “farsi giustizia da sé” come accaduto nella triste vicenda marchigiana. Cos’è la destra lo sappiamo.  Come dice Bersani “è quella cosa lì”  comprendendo in questa sintesi il pensiero economico conservatore e liberista (non liberale), il suprematismo, il nazionalismo spinto e così via. Quel che invece attendiamo ancora di sapere ( con qualche ansia) è cos’è e in cosa intende distinguersi la sinistra o comunque si voglia ribattezzare lo schieramento che si intenderebbe opporsi alla valanga nerazzurra. Il tempo stringe e i silenzi si moltiplicano.