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Emerge un quadro desolante dopo l’uccisione del capo ultrà dell’Inter di sabato scorso. Vittorio Baiocchi, freddato sotto casa da tre colpi di pistola, aveva una fedina penale di tutto rispetto.

Era stato ritenuto responsabile di associazione a delinquere finalizzata all’importazione di cocaina dalla Colombia: dieci condanne definitive e 26 anni trascorsi in prigione. Baiocchi appena riacquistata la libertà nel 2018 era tornato a spadroneggiare nella curva nord interista, forzatamente lasciata ai tempi in cui era a capo dei Boys San per trascorrere una lunga vacanza forzata nelle patrie galere. In curva ha poi velocemente ripreso la sua attività prediletta di ras, ovvero lucrare sui pacchetti di biglietti che venivano messi a disposizione dei capi della nord, gestire i parcheggi, fino a dedicarsi all’attività di spaccio. Non si è fatto mancare niente a quanto pare, gestiva un affare da 80 mila euro al mese. Sabato sera, appena la notizia della sua esecuzione ha trovato conferma, i capibastone degli ultrà dell’Inter hanno deciso di far uscire tutti quanti dal settore dello stadio Meazza, distribuendo spinte, ceffoni e cazzotti a quelli che di abbandonare lo stadio non avevano nessuna intenzione. Il lutto a quanto pare in questo caso diventa obbligatorio, come quando muore un boss della mafia. Che nelle curve degli stadi italiani sia in atto una deriva violenta e razzista è cosa nota da tempo, tra gli ultras però si annidano anche delinquenti che alimentano traffici illeciti, il tutto con la compiacenza delle società di calcio che continuano a foraggiarli a suon di biglietti. Il calcio è di tutti coloro che amano questo sport con sincerità e passione vera, non è accettabile che una minoranza spadroneggi impunemente e faccia il suo porco comodo. Per assistere ad una partita di calcio di serie A veniamo controllati e perquisiti dagli stewart, passiamo attraverso tornelli, siamo impossibilitati ad introdurre ombrelli e bottiglie d’acqua, veniamo di fatto schedati al momento dell’acquisto del biglietto e ci ritroviamo la digos a casa se lanciamo in campo anche soltanto una nocciolina. Nonostante tutto questo dispiego di energie c’è gente che da anni fa il gran cazzo che gli pare senza che nessuno intervenga.

Che l’Inter abbia taciuto per giorni, per poi uscire con un comunicato generico di condanna alla violenza, senza entrare nello specifico, è semplicemente allucinante. Ma soprattutto mi chiedo dov’erano sabato sera, nel corso della gara Inter-Sampdoria, i meticolosi e scrupolosi stewart, dov’erano posizionate le forze dell’ordine e perché nessuno è intervenuto quando chi non voleva uscire, perché aveva fatto chilometri per vedere la squadra del cuore, è stato costretto a lasciare gli spalti per evitare il peggio. Nel 2017 la commissione Antimafia ha redatto una relazione sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel mondo del calcio, e, in primis, nel mondo della tifoseria organizzata. Secondo i dati forniti dalla Polizia alla commissione parliamo di stime che raggiungono anche il 30% di pregiudicati all’interno delle curve degli stadi italiani. Lo scenario è quello di una condizione di «extra-territorialità» che vige nelle curve e che rende spesso gli ultras intoccabili, tanto che spesso acquisiscono il potere anche di ricattare le stesse società sportive con l’arma della responsabilità oggettiva, che espone la società a sanzioni per i comportamenti violenti o discriminatori posti in essere dai suoi sostenitori. In parole povere le società scendono a patti e assecondano le loro richieste dietro le minacce di procurargli ammende o squalifiche del campo, basta un coro o uno striscione razzista. Il fenomeno è purtroppo esteso: la ‘ndrangheta infiltrata nella curva degli ultrà Juventini, la camorra all’interno delle due curve dello stadio Napoli, estremismo di destra e criminalità nelle tifoserie romane, tanto quelle giallorosse quanto quelle biancocelesti, per non parlare dei sette anni di reclusione per traffico di droga a Luca Lucci, capo ultras della curva Sud del Milan. Ho citato i casi più eclatanti, ma il panorama è abbastanza ampio, variegato e sconfortante. Tornando ai fatti relativi a Inter-Samp, non è sufficiente gettare in pasto all’opinione pubblica i daspo nei confronti dei quattro tifosi identificati, occorre svoltare radicalmente, e per fare questo le società di calcio devono decidere da che parte stare, se dalla parte di una ristretta minoranza che considera la curva come casa loro, oppure se restituire le curve a tutti quei tifosi che chiedono soltanto di assistere ad un incontro di calcio in santa pace. Attendiamo speranzosi una risposta.