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Altro che caro-benzina e caro-bollette !  Altro che attentati quotidiani ai diritti acquisiti siano essi sociali o lavorativi ! Altro che disastro umanitario nelle città rase al suolo da bombardamenti feroci !  Il problema che ci assilla è stabilire se sia o meno opportuno che il presidente ucraino  Volodymyr  Zelens'kyj  reciti uno spezzone di due minuti nell’immancabile saga nazional-popolare che ogni anno si ripete in quel di Sanremo.  Sono giorni che giornali e politici si dividono e discutono sull’argomento come se fosse una cosa seria, come se ci fosse da stabilire ancora qualcosa nella terribile vicenda della guerra scatenata dalla follia di Putin o come se fosse ancora necessario sentirsi ripetere le richieste di aiuto del popolo ucraino. Sembra quasi di vedere incarnata una delle profezie di Guy Debord nel suo “La società dello spettacolo” quando afferma che “lo spettacolo è il cattivo sogno della moderna società ..che non esprime in definitiva se non il proprio desiderio di dormire. Lo spettacolo è il guardiano di questo sonno”.  E mentre si sonnecchia davanti  a qualche nota strimpellata tra pailettes e cotillons, si finge di non vedere che dallo scenario internazionale si dilegua sempre di più la diplomazia per lasciare il campo ad una escalation che sta nei fatti più che nei farneticanti comunicati del Cremlino.  Fin dall’inizio del conflitto ( che a breve celebrerà il suo primo anno di orrori) il ruolo degli Stati Uniti d’America è stato ambiguo e più indirizzato ad alimentare lo scontro che a cercare una possibile soluzione. Sulla scia della politica americana è andata ovviamente la Nato, formalmente un’alleanza militare tra i paesi occidentali, sostanzialmente  un consorzio al servizio deli interessi della superpotenza a stelle e strisce. Poteva provarci l’Europa a recitare finalmente una parte da protagonista, certamente sostenendo la difesa dell’Ucraina dall’assalto vile e ingiustificato dei  russi ma contestualmente attivando pressioni, canali  alternativi,  dialoghi possibili e impossibili per cercare di comporre una situazione che contiene rischi incalcolabili per tutto il continente. Si è invece scelto di cacciare la parola pace dal vocabolario delle istituzioni, emarginandone la citazione quasi come uno apostrofo tra le parole guerra e vittoria. Si è scelto di alimentare un nazionalismo che da sacrosanto diritto alla sopravvivenza rischia di degenerare in volontà di rivalsa. Di pochi giorni fa la dichiarazione da parte U.S.A. che “autorizza” l’Ucraina ad attaccare la Crimea. A parte che verrebbe da chiedersi in base a cosa gli Stati Uniti “autorizzino” uno stato sovrano ad attaccare un territorio per quanto conteso ( fino al 24 febbraio 2022 non più di tanto, per la verità), ma ad una affermazione simile seguita da un nuovo e massiccio supporto militare come ci si attende che reagisca Mosca ? Quale credibilità può avere la richiesta di colloqui telefonici che il primo ministro tedesco Scholtz continua ad avanzare verso Putin ? E’ chiaro a tutti chi sia stato l’aggressore e chi sia stato l’aggredito.  E’ chiaro o no che le grandi multinazionali degli armamenti stanno facendo profitti inverosimili sulla pelle della popolazione ucraina ? E se poi davvero la Russia sfonda le linee ( come i più avvertiti osservatori paventano immaginando una guerra di logoramento nella quale è chiaramente avvantaggiato chi ha ben più ampia disponibilità di risorse da macellare)  che accadrà ? E’ chiaro a tutti che non vi è un possibile bilanciamento dei torti e delle ragioni, ma è altrettanto certo che nessuno sta operando significativamente per arginare questa guerra. Henry Bergson scriveva ex-post riguardo  al primo conflitto mondiale che questo, analizzando il contesto e  prima di scoppiare,  appariva nello stesso tempo “ come probabile e come impossibile”. E noi pensiamo a Sanremo………