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“Ancora tuona il cannone, ancora non è contento di sangue la belva umana e ancora ci porta il vento e ancora ci porta il vento...”. Così scriveva Guccini a metà degli anni ’60 e sebbene sia trascorso oltre mezzo secolo di utopie e di speranze la cronaca quotidiana ci narra di una crescente deriva di violenze e di ottusità, di odio e di vendette che ci fanno sprofondare verso un nuovo medio-evo fatto di assolutismo e di prepotenze, di prevaricazione e di rifiuto del confronto. Dopo le zuffe russo-ucraine adesso l’onore, meglio dire l’orrore, della ribalta spetta all’ennesima guerra israelo-palestinese. E’ un conflitto dalle radici antiche e mai curate, un contrasto che il grande scrittore israeliano Amos Oz definiva  “la tragedia di un diritto contro l’altro e spesso purtroppo di un torto contro l’altro”.  Da una parte la manipolazione  degli estremisti islamici che usano la frustrazione e la rabbia di un popolo per scopi geopolitici salvo poi abbandonarli alla reazione dell’esercito ebraico, cento volte più armato e potente ( anche in questi giorni la “solidarietà” dei “fratelli musulmani” assomiglia tanto all’  “armiamoci  e partite” ); dall’altro uno Stato che sin dalla sua fondazione vede messa in discussione la sua stessa ragione d’esistere e non solo in senso giuridico ma proprio in senso fisico. Dentro questo schema ci stanno violenze continue, sopraffazioni ingiustificate da una parte e dall’altra, muri della vergogna e diritti negati.  La politica del governo Netanyahu, sempre più spostato dalla parte dei fanatici di destra, ha certamente aumentato malessere e voglia di reazione nei palestinesi sottoposti ad uno stato di polizia permanente, ma questo non giustifica in nessun modo le orribili violenze di Hamas del  7 ottobre. A sua volta gli assassini fanatici che hanno seminato morte e orrore ai confini tra Gaza e Israele non giustificano la messa a ferro e fuoco di un intero territorio abitato da oltre due milioni di persone, l’abbattimento di scuole e ospedali, la negazione in linea di principio della vita stessa. Lo scenario di sangue e morte che quotidianamente ci accompagna però  ha anche un’altra conseguenza molto pericolosa. Invece di interrogarsi sulle ragioni del conflitto e di avviare  una forte azione diplomatica comune che conduca verso una soluzione ( l’unica possibile la creazione di due stati liberi e autonomi ognuno nel proprio spazio e non come adesso è per i palestinesi una prigione a cielo aperto circondata giorno e notte dall’esercito e dalla polizia israeliana)  si preferisce impugnare una o l’altra bandiera estremizzando ulteriormente gli schieramenti. E’ così che appaiono nelle manifestazioni contro i bombardamenti a Gaza vergognosi striscioni inneggianti ( lo scrivo ancora perché pare davvero impossibile: inneggianti ! ) alla Shoah, slogan che ripropongono i temi dei pogrom contro gli ebrei  cancellando d’un tratto uno sdegno e una  vergogna che parevano ormai saldamente radicate nella coscienza comune. Non è solo un problema di rimozione della memoria collettiva, è anche un alimento costante  per le nuove destre sempre più violente, sempre più razziste, sempre più autoritarie che si riaffacciano sulla scena politica, da AFD ad Orban, dai nazionalisti polacchi gli spagnoli di Vox.  Tutti costoro vivono e proliferano nell’alimentare l’odio verso lo straniero, il diverso;  la comunità, il dialogo, la fratellanza , la dialettica tra diversi come argine a nuove tragedie sono i loro nemici.  Le ombre della storia tornano a coprire il cielo degli uomini, Voltarsi dall’altra parte diventa complicità.