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Quando mancano le idee rispunta quella del ponte sullo stretto e non solo…/

E poi c’è chi dice che l’Europa non serve..grazie alla prossima erogazione dei primi fondi post-covid (dove, per altro,  il post appare ancora un eufemismo) fioccano le dimostrazioni della genialità della classe dirigente italiana, impegnata a formulare i programmi  che verranno finanziati dai fondi comunitari . La necessità di predisporre un piano di intervento è conseguenza del fatto che a Bruxelles hanno condizionato l’erogazione del denaro alla copertura di progetti concreti destinati al rilancio del paese, non fidandosi troppo ( sarà un caso..) delle elargizioni a mano libera. Ecco dunque mettersi subito in luce due proposte strepitose: la funivia a Roma e l’ennesima puntata del Ponte sullo stretto. Vediamole. La prima è una idea storica della sindaca Virginia Raggi che ne aveva parlato subito dopo la sua elezione a primo cittadino della capitale. Dopo aver ottenuto l’approvazione dal ministero dei trasporti per una prima tratta sopraelevata con obiettivo decongestionamento del grande raccordo anulare, ora si rilancia con l’ipotesi di una nuova funicolare che unisca altre due zone di Roma. Intendiamoci, l’idea in sé potrebbe non essere disprezzabile; ecologica, slow e quindi consona al ritmo della città, in grado di alleggerire almeno un po’ l’imponente flusso veicolare. Dunque perché no, fatte salve le opportune verifiche di sicurezza e di impatto ambientale.  Quel che lascia parecchio perplessi è il fatto che con i mille problemi che attanagliano Roma, dalla sicurezza ai rifiuti,dalla crisi infinita dell’Atac alle buche sulle strade e fino alla paurosa crisi che ha investito tutto il comparto turistico ( l’altra grande risorsa romana oltre ai ministeri) si pensi di investire il prezioso denaro pubblico in infrastrutture alle quali logicamente si potrebbe pensare una volta risolto tutto il resto. Quanto all’altra pensata, quella del Ponte sullo stretto,  a rilanciarla questa volta è la ministra delle infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli, che aggiunge il suo nome a quello dei tanti che nel corso degli anni hanno auspicato ed anche “foraggiato” la costruzione di un collegamento tra Scilla e Cariddi. La povera De Micheli è stata messa alla gogna perché ha detto che  sul  ponte, accanto alla ferrovia o alla strada,  ci avrebbe visto bene una bella pista ciclabile…affermazione che offre il fianco allo sfottò via social ma che non aggiunge niente di più alla malsana idea di rilanciare una faccenda che già ci è costata un sacco di soldi per niente; se fai la strada o la ferrovia ci puoi mettere accanto anche la pista ciclabile, ma non è certo questo il punto. Vale ricordare infatti che nel 1981 venne costituita la società “Stretto di Messina Spa” che è stata posta in liquidazione dal governo Monti oltre vent’anni dopo,  senza aver fatto altro che spendere oltre un miliardo di euro in progetti, consulenze e affini e lasciare uno strascico di cause pendenti con aziende cui erano stati affidati appalti mai partiti. Ormai la novella del ponte è una trovata ricorrente dei politici a corto di idee. L’ultimo che l’aveva rilanciata era stato, non a caso, un Matteo Renzi a caccia di visibilità dopo la collezione di tracolli politici messa insieme a partire dal famoso referendum costituzionale. In precedenza si era esibito nel rilancio del progetto che doveva esaltare l’italico genio ingegneristico anche Silvio Berlusconi . Lui però aveva fornito una dettagliata giustificazione sulla necessità dell’opera ( per chi non ricordasse il leader di Forza Italia spiegò che col ponte “se uno ha un amante dall’altra parte dello stretto, potrà andarci anche alle quattro di mattina senza dover aspettare i traghetti” ). Anche qui colpisce che con i mille problemi che affliggono questo sciagurato paese, moltiplicati per due dalla pandemia, si ritenga ancora utile parlare di questioni che in una ipotetica agenda di priorità scalerebbero di parecchi posti rispetto ad urgenze stringenti e fondamentali. Anche in questo caso si potrebbe fare un lungo elenco di quello che sarebbe opportuno affrontare e cercare di risolvere prima di mettersi (di nuovo) a parlare di ponte sullo stretto. Una classe politica avveduta e concreta cercherebbe di dare risposte alle urgenze anche per non offrire continuamente il fianco agli attacchi populisti che stanno progressivamente guadagnando campo  (mettendo a rischio fondamentali aspetti dell’assetto democratico). Epperò… quanto condizionale tocca utilizzare e quanto amaramente ci sovviene il pirandelliano “ma non è una cosa seria”…