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Quanto accaduto nei giorni scorsi ad alcuni colleghi giornalisti in un paio di episodi ci fa capire quale sia la visione del partito della Meloni sulla libertà di stampa.

Il primo episodio inquietante si è verificato ad Ancona il 23 agosto scorso, all’apertura della campagna elettorale di Fratelli d’Italia. All’evento erano presenti, com’era prevedibile, molti giornalisti, anche della stampa straniera. A margine del comizio alcuni di loro hanno tentato di parlare con persone comuni e militanti per raccogliere impressioni. Virginia Kirst è una giornalista tedesca che collabora con la Welt, mentre intervistava alcune persone ha notato che aveva accanto giovani militanti, con la maglietta raffigurante il logo di Fratelli d’Italia, che la stavano registrando con il cellulare. Alle sue rimostranze i giovani le hanno risposto che erano liberi di farlo, volevano controllare che lei poi non scrivesse cose false, tagliando le risposte. La Kirst ha ovviamente esposto il suo disappunto all’addetto stampa ricevendo una risposta evasiva e per nulla convincente. Altri giornalisti stranieri al termine del comizio si sono lamentati per l’identico motivo, sottolineando l’atteggiamento intimidatorio dei giovani militanti.  L’altro episodio è avvenuto in piazza all’Aquila, il 7 settembre scorso, sempre in occasione di un comizio della Meloni. Il giornalista del network tedesco Ard Jorg Seisselberg ha chiesto di poter intervistare alcuni volontari che stavano montando i gazebo. L’addetto stampa del movimento giovanile, sempre lo stesso di Ancona, gli ha chiesto quali domande volesse fare. Seisselberg ha spiegato che avrebbe chiesto che cosa apprezzano di Giorgia Meloni e che avrebbe fatto anche una domanda sul fascismo, che è un tema che interessa sia il dibattito italiano che quello estero. L’addetto stampa ha risposto che la domanda sul fascismo non si poteva fare, che poteva fare tutte le domande che voleva, ma solo sull’attualità. A quel punto Seisselberg ha rinunciato a intervistare i volontari. La stampa estera ha i fari puntati sul partito della Meloni, non solo perché a leggere i sondaggi sarebbe in netto vantaggio su tutti, ma anche per i forti connotati sovranisti e le simpatie verso il ventennio che alcuni suoi militanti manifestano senza nessun pudore. Se volete togliervi qualche dubbio in rete circola di tutto, basterebbe la foto della sede di Fratelli d’Italia a Civitavecchia con manifesti fascisti attaccati alle pareti: il primo inneggia alla X Mas, il secondo ritrae il suo comandante e mancato golpista nel 1970 Junio Valerio Borghese, un simpaticone che stufo di tanta democrazia si era messo in testa che era giunta la fatale ora di tornare in dittatura. Ma il repertorio è ampio e variegato, tra i militanti di Fratelli d’Italia il saluto romano è ancora molto gettonato, anche in questo caso basta cercare in rete. Quindi si spiega il perché i militanti marcano stretti i corrispondenti esteri impedendo loro di fare domande su cosa pensano del fascismo, sanno che le risposte del tipo “Mussolini ha fatto cose buone” arriverebbero copiose. L’Europa democratica è preoccupata della possibile svolta sovranista dell’Italia e ne ha tutte le ragioni. Nei giorni scorsi, il Parlamento Europeo a Strasburgo ha approvato una risoluzione, con 433 sì, 123 no e 28 astensioni, che denuncia in Ungheria lo “smantellamento sistemico dello Stato di diritto”, con l’Ungheria ormai trasformata in “autocrazia elettorale”, e cioè un sistema costituzionale in cui si svolgono elezioni, ma dove manca il rispetto di norme e standard democratici. I rappresentanti europei del partito di Meloni e Salvini hanno votato no, e non c’è da meravigliarsi viste le simpatie mai nascoste dei due leader nei confronti di Orbán. Il loro pigmalione rappresenta il loro modello ideale, quello dei diritti negati, dell’antiabortismo sfrenato e persino delle donne accusate di essere colpevoli del calo delle nascite, perché “sono in troppe a laurearsi”. Considerando le politiche sull’aborto applicate dalla destra in regioni come Marche e Umbria, non possiamo neanche dire che “ci attendono anni bui”, perché sono già in atto nei luoghi governati da esponenti dei loro partiti. La giustificazione che è stata fornita a chi gli chiedeva il perché del voto contrario è stata semplicemente disarmante: “Viktor Orbán è stato eletto democraticamente dal popolo…”, andrebbe spiegato loro che anche un certo Adolf Hitler era salito al potere a seguito di elezioni democratiche nelluglio del 1932, che fine abbia poi fatto la Repubblica di Weimar è cosa nota, basterebbe aprire un libro di storia…