Bercia nei social con noi!

Tra Piacenza e la Puglia ancora casi di comportamento illecito da parte di esponenti delle forze dell’ordine./

Sarà anche una questione di mele ( marce), ma la faccenda dei comportamenti illeciti da parte di esponenti delle forze dell’ordine deve indurre a serie riflessioni sulla deriva che soprattutto da qualche anno si rileva sempre più spesso negli atteggiamenti degli uomini in divisa.  I fatti di Piacenza, che i magistrati stanno finendo di esaminare in queste ore,  fanno progressivamente emergere una serie impressionante di reati ma soprattutto un atteggiamento di presunta  onnipotenza  che è ancora più grave e pericoloso della stessa violazione del codice e della disciplina del corpo.

La stessa arrogante, supponente e oscenamente compiaciuta  violenza che si è registrata nel carcere di Torino ad opera di qualche guardia carceraria. E’ la stessa logica dei comportamenti dei casi Cucchi, Uva,  Aldovrandi  solo per citare i più famosi . Come mai persone che hanno giurato fedeltà ad una Costituzione e alle regole di un corpo di Polizia  si trasformano in persecutori, picchiatori, sfruttatori o ricettatori ? L’elevato senso etico che viene pubblicizzato da sempre come elemento caratterizzante la scelta della carriera nelle forze dell’ordine dove se ne va a finire? Mi tornano in mente i volti di vecchi carabinieri e vecchi poliziotti conosciuti negli anni, uomini fieri di servire le istituzioni e rigorosi nell’interpretare la vita secondo la scelta che avevano fatto; ed invece troppo spesso negli ultimi anni si vedono persone che per il solo fatto di indossare una divisa si ritengono superiori al resto del mondo, pensano di avere diritti superiori e di poterli imporre a chi capita loro a tiro. Tutti ci siamo giustamente indignati per la vicenda di George Floyd, ma questi “cow-boy” nostrani non sono da meno dei “police-men” statunitensi. Interpretano anche loro (in senso largo)  il concetto trumpiano del “law & order” traducendolo in maniera che siano loro “la law” ed anche “l’order”.  

Sarebbe facile attribuire questi atteggiamenti alla crescente espansione dei governi di destra ed alla diffusione dell’ideologia sovranista, ma non può essere tutto qui, non basta e forse non è nemmeno la ragione principale. Forse quel che più ancora prevale è il diffuso e spesso incontrollabile edonismo, il culto di sé, l’assoluta indifferenza verso il prossimo e  la sete di denaro e successo che sono i tratti salienti di un certo modo di concepire il mondo ( una Weltanschauung distorta, direbbero quelli che parlano difficile) .  L’altro aspetto inquietante è il silenzio che accompagna queste vicende fino a che non vengono rese di pubblico dominio dai parenti delle vittime o dalla magistratura a seguito di specifiche denunce. Quando accade risulta sempre che i superiori sapevano ma, nella migliore delle ipotesi, tacevano. Nella peggiore si attivavano per deviare e  nascondere, occultare e creare false piste in danno degli inquirenti.  Ora è vero che il motto dell’Arma dei Carabinieri è “Usi obbedir  tacendo”, ma c’è da scommetterci che coloro che coniarono la frase intendevano una cosa ben diversa..  Peccato, perché la fiducia nelle forze dell’ordine, nel fatto che siano dedite alla protezione  dello Stato e dei cittadini è uno dei perni della fiducia nelle istituzioni. Diamo per scontato che il grosso dei carabinieri, guardie carcerarie, poliziotti, siano persone perbene impegnate quotidianamente in un lavoro pericoloso e mal retribuito, ma proprio a tutela di chi fa il proprio mestiere con correttezza ed onore devono agire prontamente i rispettivi vertici ponendo fine al pericoloso vizio dell’omertà per malinteso cameratismo ed alla criminale spacconeria di chi si ritiene oltre la legge.